Alcuni anni fa è stato pubblicato “Lancet Countdown on health and climate change: from 25 years of inaction to a global transformation for public health” che analizza i progressi su salute umana e cambiamento climatico e le loro implicazioni per gli impegni presi dai governi del mondo con l’Accordo di Parigi. Un’iniziativa che fa seguito ai lavori della Commissione 2015 di Lancet che aveva concluso che il cambiamento climatico antropico minaccia i progressi degli ultimi 50 anni nel campo della sanità pubblica, ma anche che una risposta globale al cambiamento climatico potrebbe essere «la più grande opportunità del XXI secolo in materia di sanità a livello mondiale».
Il Lancet Countdown è il frutto di una collaborazione tra 24 istituti universitari e ONG di tutti i continenti che hanno formato un team multidisciplinare composto da climatologi, ecologisti, economisti, ingegneri, esperti in campo energetico, agroalimentare e trasporti, geografi e matematici, sociologhi, politologi, professionisti della salute pubblica e medici. Un Consorzio che ogni anno redige un rapporto sugli indicatori in 5 settori: esposizione e vulnerabilità al cambiamento climatico; suoi effetti; piani di adattamento per la salute e la resilienza; misure di attenuazione e co-benefici per la salute; aspetto economico e finanziario; impegno pubblico e politico.
Dai 40 indicatori del primo rapporto 2017 en merge chiaramente che «I sintomi umani del cambiamento climatico sono inequivocabilmente e potenzialmente irreversibili, colpendo già oggi la salute delle popolazioni in tutto il mondo. Benché questi effetti colpiscano maggiormente le popolazioni più vulnerabili della società, tutte le comunità saranno colpite».
Ma purtroppo il cambiamento climatico colpisce in maniera sproporzionata la salute chi ne è meno colpevole: le popolazioni vulnerabili e in particolare quelle di Paesi a reddito basso e medio e, sottolinea Lancet «Compromettendo i determinanti sociali e ambientali della salute, esacerbano le ineguaglianze sociali, economiche e demografiche e tutte le popolazioni ne risentono in gtermini di effetti».
Il rapporto evidenzia che «E’ chiaro che le canicole sono sempre più frequenti e sempre più intense: tra il 2000 e il 2016, 125 milioni di adulti vulnerabili in più sono stati esposti a delle canicole>. L’aumento delle temperature all’aperto ha effetti negativi sulla produttività del lavoro: «Le popolazioni esposte tra il 2000 e il 2016 presentano quindi una riduzione globale della loro produttività del 5,3%».
Nell’insieme, dal 2000 è stato osservato un aumento del 44% delle catastrofi legate a condizioni meteorologiche ma il rapporto dice che «La mortalità causata da questi eventi non presenta una tendenza chiara, né al rialzo, né al ribasso, il che sembra indicare un inizio di adattamento al cambiamento climatico. Però, secondo le previsioni, gli impatti del cambiamento climatico si aggraveranno con il passare del tempo e in futuro i livelli attuali di adattamento si riveleranno insufficienti».
Quel che è certo è che «il valore totale delle perdite economiche legate a degli eventi climatici è in aumento dal 1990 e nel 2016 ha raggiunto i 129 miliardi di dollari, il 99% di queste perdite avvengono in Paesi a basso reddito, non assicurati. Inoltre, sul lungo termine, la modificazione delle condizioni climatiche contribuisce a un accrescimento della capacità vettoriale della zanzara Aedes aegypti di trasmettere la dengue, con un aumento del 9,4% dal 1950. Se i governi e la comunità mondiale della salute non traggono insegnamenti dall’epidemia di VIH/AIDS e dalla recenti epidemie della malattia dei virus Ebola e Zika, e regiscono ancora una volta troppo lentamente, i costi per la salute umana saranno irreversibili e inaccettabili».
Il Lancet Countdown avverte che «Il ritardo nella risposta al cambiamento climatico di questi ultimi 25 anni ha messo in pericolo la vita umana e i mezzi di sussistenza. Dopo che nel 1992 l’United Nations framework convention on climate change (Unfccc) a iniziato a dispiegare degli sforzi a livello mondiale per lottare contro il cambiamento climatico, numerosi indicatori di attenuazione seguiti a dal Lancet Countdown sono evoluti verso una cattiva direzione o, nel migliore dei casi, sono rimasti immutati».
Intanto un numero crescente di Paesi stanno valutando la loro vulnerabilità al cambiamento climatico, sviluppano piani di adattamento e si preparano a situazioni di emergenza, fornendo allo stesso tempo dati climatici ai serviozi sanitari. Lo stesso fenomeno avviene nelle città: più di 449 hanno detto di aver intrapreso una valutazione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. «Però – si legge nel rapporto – la copertura e la pertinenza di tali misure per assicurare una protezione contro i crescenti rischi sanittari legati a cambiamenti climatici restano incerte. In effetti, i finanziamenti delle misure di adattamento legate direttamente o indirettamente alla salute rapprese sentano rispettivamente solo il 4,6% e il 13,3 % del totale delle spese mondiali per l’adattamento».
Anche se recentemente ci sono stati dei progressi nel rafforzamento della resilienza agli effetti del cambiamento climatico, per il team internazionale di Lancet «E’ chiaro che le misure di adattamento alle nuove condizioni climatiche non potranno che proteggere parzialmente la salute delle popolazioni». E il Lancet Countdown fa un paragone con la fisiologia umana: «Il corpo umano può adattarsi con relativa facilità agli effetti secondari di una malattia benigna che si risolve spontaneamente. Tuttavia, se la malattia non cessa di aggravarsi, i cicli di retoazione positiva si saturano e i limiti di adattamento vengono presto raggiunti. Questo è particolarmente vero quando sono colpiti diversi sistemi dell’organismo e la défaillance di un organismo influisce sul buon funzionamento di un altro, come nel caso della “sindrome da insufficienza multi organo”. Lo stesso vale per le conseguenze sulla salute del cambiamento climatico. Agisce come un moltiplicatore dei rischi, esacerbando il numero di problemi ai quali le comunità sono già di fronte, rafforzando la correlazione tra diversi rischi sanitari, il che li rende maggiormente in grado di prodursi simultaneamente. In effetti, non si tratta di una “malattia che colpisce un solo organo”, ma al contrario di un fenomeno che aggrava le pressioni esistenti sugli alloggi, sulla sicurezza alimentare e l’acqua, sui determinanti di salute e povertà. L’adattamento ha i suoi limiti e la prevenzione è il migliore dei rimedi per impedire gli effetti irreversibili del cambiamento climatico».
Il rapporto analizza i progressi in materia di attenuazione del cambiamento climatico fatti dopo l’avvio dell’Unfccc e dice che ci sono stati solo modesti miglioramenti peer quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2 nel settore elettrico e aggiunge: «Benché si possa osservare un utilizzo accresciuto dei mezzi di trasporto sostenibili in Europa e un certo calo della dipendenza dai veicoli privati nelle grandi città degli Usa e dell’Australia, la situazione è generalmente meno promettente nelle città dei Paesi emergenti».
Qualche progresso è visibile nella lenta transizione verso l’abbandono delle forme di produzione più inquinanti di energia, con modesti miglioramenti in alcuni centri urbani. «Però – sottolinea ancora il rapporto – l’esposizione globale al particolato fine in sospensione(PM2.5) a portato la percentuale della popolazione che supera i limiti raccomandati di esposizione annua ai particolati fini ad aumentare dall’11,2% del 1990 al 71,2%, nelle 2.971 città che figurano nel database sull’inquinamento atmosferico dell’Oms», mentre i meccanismi di tariffazione delle emissioni di carbonio coprono solo il 13,1 % delle emissioni antropiche . «Inoltre . prosegue Lancet – , le politiche di lotta contro il cambiamento climatico non hanno ancora tratto parte dei co-benefici per la salute dalle strategie di attenuazione e adattamento, le misure prese finora hanno permesso solo dei deboli miglioramenti in materia di salute umana. Pare quindi necessario raccogliere maggiori dati ee accentuare gli sforzi della ricerca sui co-benefici e i potenziali risparmi che ne risultano. Sembra ugualmente indispensabile coordinare meglio le politiche dei ministeri della salute con quelle di altri ministeri dei governi nazionali».
Il problema è che questo ritardo nell’attuazione dei piani di attenuazione del cambiamento climatico hanno messo il mondo sulla strada di un ulteriore aumento delle emission i di gas serra che ci sta portando a un riscaldamento globale compreso tra i 2,6° e i 4,8° C entro la fine del secolo. Per questo il Lancet Countdown ribadisce che «E’ essenziale che i professionisti della sanità facciano sentire la loro voce per stimolare i progressi in materia di lotta al cambiamento climatico e trarne i benefici associati per la salute. Il presente rapporto e le Commissioni precedenti di Lancet hanno evidenziato che i professionisti della sanità hanno non solo la capacità ma anche la responsabilità di farsi difensori della salute pubblica, d’informare l’opinione pubblica e i decisori politici delle minacce e delle opportunità esistenti e di fare in modo che il ruolo centrale del cambiamento climatico per la salute umana sia ben compreso».
L’attenzione della comunità scientifica per il rapporto tra cambiamento climatico e salute sta crescendo: dal 2007 la copertura sulla stampa di questo argomento è aumentata del 78% e il numero degli articoli scientifici è più che triplicato, ma evidentemente non basta.
Secondo il rapporto la cosa positiva è che, nonostante progressi storicamente lenti, in questi ultimi anni la risposta al cambiamento climatico sembra aver subito un’accelerazione: «La transizione verso una produzione di elettricità low-carbon appare ormai inevitabile, il che sembra indicare l’avvio di una trasformazione più ampia. Nel 2017, si è constatato uno più grande slancio in un certo numero di settori e il percorso sembra ormai fissato, offrendo delle possibilità chiare e senza precedenti per la salute pubblica».
Dopo l’annuncio dato da Donald Trump che gli Usa intendono ritirarsi dall’Accordo di Parigi, la comunità internazionale ha reagito isilandolo e mostrando un forte sostegno al rafforzamento delle azioni contro il riscaldamento globale, testimoniando una volontà politica chiara e un’ambizione senza precedetnti a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo e Lancet conclude: «Le misure di attenuazione e di adattamento concordate nel quadro dell’Accordo di Parigi presentano dei benefici estremamente positivi per la salute a breve e lungo termine, ma è ormai necessario dar prova di maggiore ambizione. Benché i progressi finora iano stati lenti, l’accelerazione della transizione verso un’economia low-carbon in diversi settori chiave per la salute pubblica sembra a una svolta. Bencé sia necessario, per mantenere gli impegni presi, proseguire ed accelerare considerevolmente questi sforzi nel corso dei prossimi decenni, le mutazioni politiche e gli indicatori presentati in questo documento indicano che la strada è già tracciata».
di Umberto Mazzantini per greenreport.it